“Volete buoni operai? Istruiteli!”, a giro per il Villaggio Leumann

Alle porte di Torino, nel vicino comune di Collegno, sorge il Villaggio Leumann, un quartiere operaio costruito tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento per volere di Napoleone Leumann, un visionario imprenditore tessile di origine svizzera. Il complesso è un ottimo esempio di edilizia industriale, magistralmente trasformata in arte, e risulta armoniosamente integrato nel tessuto urbano circostante. L’ingegnere Pietro Fenoglio (Sulle tracce di Pietro Fenoglio: cosa fare in un pomeriggio a Torino) fu chiamato a completare il progetto. Il plesso si rifà all’architettura piemontese del periodo con commistioni di elementi svizzeri e Liberty.

Occupa un’area di 60.000 metri quadrati e ospita circa 60 edifici per un totale di 120 alloggi.
Il Cotonificio è il centro del villaggio: a est e ovest, sorgono due comprensori abitativi. L’accesso principale dà su corso Francia.

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Mappa del Villaggio

Nel suo periodo di massimo sviluppo, dava lavoro a 1.700 dipendenti, circa 750 dei quali residenti nel Villaggio. I preziosi filati venivano venduti sul mercato nazionale e internazionale (Asia, Australia, America meridionale). La crisi degli anni ’70 del Novecento determinò la chiusura del Cotonificio. Gli immobili divennero di proprietà del comune di Collegno che si erse a garante della salvaguardia del luogo e si prodigò ad assegnare le unità abitative a privati, secondo le norme dell’edilizia popolare. Nel corso degli anni numerose opere di restauro sono state compiute per preservare la bellezza del borgo.
Leumann apparteneva a una generazione di imprenditori illuminati e filantropi  che si ponevano, tra gli obiettivi, quello di offrire condizioni igieniche, sociali, sanitarie, di vita e di lavoro decorose ai propri dipendenti. Insomma era un precursore ante litteram del work-life balance e dell’imprenditoria sociale, come direbbe un buon manager  moderno.
A Collegno si predilessero villette plurifamiliari indipendenti con giardino ai grandi e anonimi edifici a caserma, tanto in voga ai tempi per l’edilizia popolare.

Nel Villaggio era mantenuta la vicinanza abitativa tra operai, impiegati e dirigenti, ma vigeva l’assegnazione delle case secondo graduatorie di merito. Le villette presentavano un’architettura funzionale avanguardistica per l’epoca: tutti gli edifici erano strutturati su due piani fuori terra, erano circondati da orto e giardino recintati e potevano vantare servizi igienici, legnaia, lavatoio e cantina.

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Il lavatoio, coperto da una tettoia e provvisto di due vasche, una per l’acqua calda, una per l’acqua fredda

Napoleone Leumann incentivava la cura degli orti-giardino mediante concorsi a premi.
Il Villaggio era una vera e propria città in miniatura e comprendeva una vasta rete di servizi. Non poteva quindi mancare una scuola (1903): l’edificio ospitava sei classi elementari e, al piano terreno, l’Asilo Infantile Wera, intitolato alla figlia dell’imprenditore, prematuramente scomparsa.  Nel cortile sorgeva una palestra. L’istituto era frequentato da 200 bambini, di ambo i sessi. Alla sera venivano istituiti corsi e lezioni per adulti. I libri di testo erano distribuiti gratuitamente. Tutti potevano accedere alla biblioteca e borse premio venivano promosse al fine di incoraggiare lo studio e sovvenzionare le famiglie. Leumann attribuiva grande importanza all’istruzione: “Volete buoni operai? Istruiteli”. Si spese affinché venissero applicati metodi d’insegnamento moderni che affiancavano allo studio, la ginnastica, il giardinaggio, le passeggiate, il gioco, il canto e il disegno allo scopo di promuovere uno sviluppo olistico (intellettuale, fisico e morale) dei bambini. Venivano insegnati anche i mestieri (tessitura, falegnameria, meccanica).

Vi era anche un Ufficio Poste Telegrafo, ancora in uso oggi giorno. La palazzina ospitava, al piano superiore, l’abitazione del direttore e, al piano terreno, gli uffici. Se ancora ce ne fosse bisogno, ennesima testimonianza della natura sociale del progetto.

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L’Ufficio Postale, ancora in uso

Non poteva mancare un luogo di culto. Tra il 1907 e il 1912, Napoleone Leumann fece erigere la Chiesa di Santa Elisabetta che domina una delle due piazze della borgata. Leumann era di fede protestante, ma fece costruire una chiesa per il culto cattolico rispondendo alle istanze dei suoi dipendenti. La struttura, progettata da Pietro Fenoglio, è un piccolo gioiello liberty. Alterna fasce orizzontali in cemento ad altre in mattoni rossi. Ha un ingresso porticato, sormontato da un’ampia vetrata policroma. E’ abbellita da due campanili e fu intitolala a Santa Elisabetta, in onore della madre di Leumann. Fu dotata di un impianto di riscaldamento, di tutti gli arredi e di un organo. Il parroco risiedeva nel Villaggio e veniva stipendiato dallo stesso Napoleone che provvedeva anche a coprire le spese connesse alle funzioni liturgiche.

In Corso Francia si può ammirare la Stazionetta, restaurata nel 1998. La linea ferroviaria, dotata di locomotive a vapore, metteva in comunicazione Torino e la Francia e venne elettrificata nel 1914.

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La Stazionetta

Nel comprensorio est sorgeva il Convitto delle Giovani Operaie, inaugurato nel 1906. La struttura ospitava ragazze, tra i 13 e i 20 anni, che per lavoro erano costrette a vivere lontano dalle famiglie. Le operaie, versando una retta relativamente esigua, avevano assicurati un letto, tre pasti al giorno e biancheria pulita. L’edificio, su tre piani disposti a U intorno alla piazza, poteva ospitare fino a 250 ragazze.

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Il Convitto delle Giovani Operaie

Vicino alla scuola e alla chiesa, sorge un edificio su tre piani, di dimensioni maggiori rispetto alle unità abitative. Qua avevano casa il Circolo degli Impiegati e la Cooperativa Alimentare. Il secondo e il terzo piano del complesso accoglievano gli alloggi degli impiegati. Il piano terreno era la sede del loro circolo. Qui si svolgevano attività ricreative e culturali, vi era una sala lettura e una biblioteca, un locale biliardo, una sala gioco e la sala buffet.
Sempre al pian terreno vi era la Cooperativa Alimentare del Villaggio: i dipendenti della filanda potevano acquistare generi alimentari a prezzi contenuti, senza dover raggiungere altri centri abitativi. Fu ideato un sistema di sconti, buoni e monetazione a uso interno per poter acquistare presso lo spaccio e consumare i pasti presso la mensa.

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Circolo Impiegati – Cooperativa Alimentare

E’ possibile visitare gratuitamente e in autonomia il Villaggio Leumann. Le costruzioni sono ben segnalate. Per gruppi di almeno 8 persone, è possibile prenotare una visita guidata, promossa dall’Associazione Amici della Scuola Leumann. La visita non è a pagamento, ma è gradito un piccolo contributo per sovvenzionare l’associazione che si spende per mantenere viva la storia e l’essenza del Villaggio. Per i singoli sono previste visite guidate ogni prima domenica del mese (esclusi i mesi di gennaio e agosto) con partenza alle ore 15 dalla Casa Museo di Corso Francia 347 di Collegno. Per maggiori informazioni consultare il sito Internet: http://www.villaggioleumann.it/

Personalmente ho molto gradito la mia escursione domenicale alla scoperta di questo Villaggio e del modello economico, sociale e architettonico che lo ha animato. Non può che far bene riflettere, oggi più che mai, sul ruolo che l’economia gioca sulle nostre vite e sull’organizzazione sociale moderna. In attesa di costruire tempi migliori che pongano l’uomo al centro, in armonia con l’ambiente, e il profitto al servizio di una crescita vera, culturale, inclusiva, morale vale la pena fare una gita al Villaggio.

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Papillon in barattolo

Ecco un’idea semplice e divertente, facile da realizzare ma d’effetto.
Per le amanti dell’uncinetto e del fai da te,  risulterà semplicissimo creare un papillon. Munirsi di un filato di cotone, di un nastro di raso, di un gancio e di un passante (quello usato nei reggiseni per intenderci) che permetterà di regolare il papillon intorno al collo.
Iniziare con una catenella che verrà chiusa ad anello. Proseguire con semplici maglie alte. Una volta raggiunta l’altezza desiderata, bordare la fascia ottenuta con un giro di maglie basse. Stringere l’anello in centro con qualche giro di cotone (per un risultato migliore, si consiglia di cucire prima la fascia). Et voilà! Facile, vero?
Sbizzarrirsi  a confezionare i papillon all’interno di barattoli in vetro. Un regalo per occasioni speciali. Belli da usare quando si vuole essere eleganti senza prendersi troppo sul serio. A seguire le misure consigliate:
– bambini piccoli: 4 x 7 cm
– bambini: 4 x 9 cm
– adulti:5 x 11 cm
Il prossimo papillon che realizzerò sarà per il mio modello preferito, mio marito. Non vedo l’ora! Buon lavoro e Happy Crochet Time!

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Papillon
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Papillon
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Papillon
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(Hand) Made With Love 
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In A Jar
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Una simpatica idea regalo: come riciclare un barattolo in vetro. Vietato sprecare!

 

Sulle tracce di Pietro Fenoglio: cosa fare in un pomeriggio a Torino

Metti un pomeriggio a Torino, aggiungi una bicicletta, insegui le tracce di Pietro Fenoglio e la buona riuscita della giornata è assicurata! Il ventaglio di alternative che offre il capoluogo torinese è ampio. Se si hanno a disposizione alcune ore da spendere a Torino, qualcosa di interessante da fare lo si trova sempre.
La mia domenica è trascorsa alla scoperta del Liberty torinese e di alcune delle più belle opere di Pietro Fenoglio (1865-1925), architetto e ingegnere torinese considerato uno dei massimi interpreti del Liberty in Italia. Il capoluogo sabaudo fu travolto da una piacevole ondata Liberty nel ventennio a cavallo tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, il cosiddetto periodo della Bella Époque. La città era in fermento e aperta alle nuove tendenze europee grazie al clima culturale delle esposizioni internazionali.
La bicicletta resta uno dei mezzi di trasporto che preferisco, ecologico, veloce, salutare, sostenibile. Il giro proposto di seguito è fattibile anche a piedi e copre una distanza di circa 12 chilometri.
Sono giunta a Torino in treno con bici a seguito. Per chi preferisse, è possibile affittare una bicicletta direttamente a Torino (www.tobike.it).
Prima tappa della giornata San Salvario, quartiere storico e multietnico della Circoscrizione 8 di Torino.  Qui in via Giovanni Argentero, 4 si può ammirare il meraviglioso portone d’ingresso in ferro battuto di un caratteristico edificio che ricorda le case spagnole per l’uso delle maioliche colorate. L’edificio fu progettato da Pietro Fenoglio e il portone è soprannominato Portone del Melograno. Al suo interno sono scolpiti due alberi di melograno arricchiti da foglie verdi e frutti rossi, inseriti in una cornice a coda di pavone.

Riprese le biciclette, mio marito ed io dirigiamo verso le colline torinesi. Qui in corso Giovanni Lanza, 57 sorge Villa Scott, balzata agli onori della cronaca per essere stata la location scelta da Dario Argento per girate importanti scene di Profondo Rosso. E’ la villa del bambino urlante del film. L’edificio risale al 1902 e fu commissionato a Pietro Fenoglio da Alfonso Scott, ai tempi amministratore delegato della Rapid, un’azienda automobilista non più in attività. Dopo la scomparsa di Scott, la casa ospitò un collegio femminile e prese il nome di Villa Fatima. Ai tempi delle riprese di Profondo Rosso, l’edificio era ancora adibito a collegio. Per poter girare, la produzione si offrì di pagare un soggiorno a Rimini alle suore e alle ragazze per tutta la durata delle riprese.
Villa Scott è un mix di liberty e neobarocco. Ha una pianta articolata, è un’esplosione di logge, bovindi, vetrate colorate e preziosi dettagli floreali. Oggi è proprietà privata e non più visitabile all’interno.
Sicuramente siete più preparati di me in campo architettonico, ma nel caso fosse sfuggito anche a voi un bovindo è una finestratura i cui infissi e vetrate non sono allineate al muro dell’edificio ospitante, ma risultano seguire un percorso ad arco orizzontale aggettante dalla muratura. Il termine deriva dall’italianizzazione della locuzione inglese bow window (finestra ad arco). Per fortuna, ho un fratello designer appassionato di architettura!

In bici velocemente attraversiamo Torino, riempendoci gli occhi bellezza. Torino vista dalla collina è di una bellezza disarmante.

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Raggiungiamo il quartiere Cit Turin, all’incrocio tra corso Francia e via Principi d’Acaja, appena dietro piazza Statuto. Qui sorgono molti edifici in stile Liberty.
Percorriamo corso Francia dove al civico 8/B sorge la Palazzina Raby, edificio progettato da Pietro Fenoglio nel 1901 che oggi ospita la sede dell’Ordine dei Medici e Odontoiatri della provincia di Torino. La costruzione, rispetto al progetto originale, presenta numerose varianti riconducibili all’esecuzione del progetto affidata all’ingegner Gottardo Gussoni (1869 – 1951). Fenoglio e Gussoni si ispirano a due correnti differenti del liberty europeo, rispettivamente quello belga di Hortas e quello francese di Guimard.

Un paio di edifici più in là sorge Casa Fenoglio – La Fleur, progettata tra il 1902 e il 1903 da Pietro Fenoglio. La struttura doveva ospitare lo studio privato dell’architetto e fu concepita come un vero e proprio manifesto del Liberty italiano. Tuttavia Fenoglio abitò qui per pochi anni. Successivamente la casa venne messa in vendita e fu acquistata dall’imprenditore francese La Fleur (da qui il nome Casa Fenoglio – La Fleur).
La villa divenne nota a livello internazionale perché Fenoglio molto si spese affinché l’edificio rispettasse fedelmente i dettami del Liberty belga e francese e ogni dettaglio è un chiaro rimando all’art nouveau. L’attenzione ai particolari è altissima: da notare i balconi lavorati in ferro battuto, l’incantevole vetrata policroma, il bovindo, i fregi floreali ad adornamento della facciata.

Al civico 32 di corso Francia svetta Casa Macciotta, anch’essa progettata da Pietro Fenoglio e costruita nel 1904, ottimo esempio di come sia possibile trovare originali soluzioni liberty a costi contenuti per case di grandi volumetrie. L’edificio ha un affaccio angolare. L’angolo è smussato (come lo è in Villa La Fleur), evidenziato da un terrazzo a gazebo e da un abbaino a coronamento con fregi in cemento e ferro battuto. Da notare le tapparelle nell’affaccio in via Bagetti e la copertura del meccanismo di avvolgimento.

Dall’altro lato della strada (corso Francia, 23) si erge, trionfale, il Palazzo della Vittoria più noto come Casa dei Draghi, singolare edificio voluto dal Cavaliere del Lavoro Giovanbattista Carrera per celebrare la vittoria dell’Italia al termine del primo conflitto mondiale. Il progetto fu affidato all’ingegner Gottardo Gussoni e ultimato nel 1922. Suggestivo mix di stili, neogotico alla francese e liberty all’italiana, il palazzo si sviluppa su cinque piani. Il suggestivo portone d’ingresso, l’atrio interno, la torretta merlata e le balaustre dei balconi si rifanno al gotico. Le linee sinuose del palazzo e le vetrate sono un chiaro rimando al liberty.
Ai lati del portone principale fanno bella mostra di sé due draghi alati, allegoria della potenza dell’Italia al termine della grande guerra. Il tema del drago ritorna in tutto l’edificio. Lo stemma della famiglia Carrera sormonta il portone. Un edificio suggestivo che merita una visita.

Cuore del quartiere Cit Turin sono i Giardini Luigi Martini, più noti con il nome di piazza Benefica. In questo spiazzo, fino agli anni ’50, operava un’associazione caritatevole, la Benefica appunto. La piazza, dal lunedì al sabato, è teatro di un noto mercato delle firme. Qui si possono trovare abiti e accessori griffati, nuovi, pezzi di campionario e articoli vintage. Sulla piazza si affaccia la bellissima chiesa di Gesù Nazareno che si fa d’oro quando colpita dai raggi del sole. Appena dietro piazza Benefica, in via Susa 12/14, si trova lo studio del pittore italiano Ugo Nespolo (www.nespolo.com)

Ecco le tappe di questo giro:

giro ad anello vero

A onor del vero, prima di dirigerci verso Villa Scott, mio marito ed io abbiamo fatto tappa al Parco del Valentino, al Giardino Botanico e al Borgo Mediovale. Ma questo è tutto un altro post! Ne parleremo più avanti. Per ora lascio alcuni scatti, da approfondire in seguito.

 

NonUnoMeno, social bar ad Alassio

“Tutti gli uomini, non uno di meno, devono poter essere soggetti attivi della società, devono poter creare per essere ed esserci. Il lavoro come atto creativo è un elemento fondamentale del processo d’identità, crescita e autonomia di ogni individuo. Per i soggetti con “bisogni speciali” il lavoro diventa terapia riabilitativa perché promuove, grazie a contesti produttivi attenti, esperienze d’inclusione ed integrazione”.
E questa è la filosofia che anima il NonUnoMeno social bar di Alassio. Questo esercizio commerciale, aperto dal martedì al sabato dalle ore 9 alle 19, è situato al quarto piano dell’edificio che ospita la biblioteca civica Deaglio in piazza Airaldi e Durante, 7. Si affaccia sul mare e offre una vista incantevole dalle sue finestre.
Qui vi lavorano, con grande passione, 25 ragazzi con disabilità supportati da due terapisti occupazionali e da un coordinatore. Questo social bar è un meraviglioso esempio di impresa sociale con un alto livello di inclusione. E’ una preziosissima opportunità di apprendimento e di crescita per i ragazzi, ma anche per i clienti. E’ un laboratorio semi-protetto che offre esperienze pratiche in un contesto reale e stimola la comunicazione e la relazione.
Il fine di questo esperimento è quello di far vivere ai ragazzi un’esperienza di successo attraverso il compimento di un lavoro manuale (cucina, servizio in sala, cura e pulizia dei locali), accrescendo così la loro autostima, la conoscenza di sé e delle proprie capacità. Gli obiettivi del progetto possono sunteggiarsi nel seguenti punti:
– sostenere la formazione continua di giovani disabili e non;
– accrescere le competenze professionali dei ragazzi;
– creare possibilità di inserimento socio-lavorativo;
– divenire sede di borse di lavoro per ragazzi disabili e non.
E’ uno dei miei locali preferiti. Immancabilmente ci torno con grande gioia ogni volta che sono a giro per Alassio. E’ una carezza all’anima. Sempre ne esco rigenerata e confortata, ristorata da tanta gentilezza e umanità. E’ una tappa obbligata quando si ha bisogno di delicatezza e di un contatto umano di qualità.
Il NonUnoMeno ha inaugurato nel novembre 2013 grazie alla collaborazione e all’aiuto economico del Comune di Alassio, della Scuola Alberghiera e della Cooperativa Jobel. Dal novembre dell’anno successivo è entrata a far parte del progetto l’ANFFAS Onlus di Albenga che gestisce il Centro Socio-Riabilitativo E. Simoni per disabili in età giovanile o adulta.
Al servizio di caffetteria e bar, si è aggiunto il servizio ristoro in pausa pranzo. In menù è sempre presente un’ottima alternativa vegetariana.
Il nome NonUnoMeno è preso in prestito dal film Non uno di meno di Zhang Yimou del 1999, pellicola premiata con il Leone d’oro alla Mostra Internazionale d’arte cinematografica di Venezia che mette l’accento sull’importanza e l’unicità di ogni individuo. Impronte colorate di mani sono invece il simbolo del bar. Le pareti del locale sono decorate con poster e lavagne sulle quali sono state scritte frasi scelte dai ragazzi che qui lavorano.
“L’uguaglianza deve essere quella delle opportunità, non può essere ovviamente quella dei risultati”, un aforisma di  John Dryden scritto con il gesso su una lavagna all’ingresso del bar. Una frase che ben riassume quel che si fa qua.
Se capitate da queste parti, fermatevi. Ne vale la pena.

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Non uno meno ad Alassio
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Non uno meno ad Alassio
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Colazione sul mare
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Il mare dalla finestra
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In volo
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Le frasi scelte dai ragazzi

 

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Le frasi scelte dai ragazzi
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Le frasi scelte dai ragazzi
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Le frasi scelte dai ragazzi

 

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Al bar

 

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Al bar
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Al bar

 

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L’edificio che ospita la biblioteca e il bar in piazza Airaldi e Durante ad Alassio