L’amore ai tempi dei khmer rossi, storia di Bophana e Deth

Bophana nacque nella Cambogia degli anni ’50 nella regione nord occidentale del paese, un’area fertile e verdeggiante dove crescevano rigogliose le palme da zucchero, il riso abbondava e il fiume Tonlé Sap era ricco di pesci. Il padre era un insegnante nell’East Baray. Bophana ricevette una buona educazione, imparò il francese e crebbe nella fede buddhista. All’età di 16 anni si innamorò di un lontano cugino, Ly Sitha. L’amore era ricambiato e le famiglie autorizzarono l’unione. Ly Sitha terminò gli studi superiori presso un monastero buddhista. Una volta tornato a casa, si unì a Bophana nei preparativi delle loro nozze. Non fecero in tempo a sposarsi che la Cambogia precipitò in un incubo. Il re Sihanouk fu deposto da un colpo di Stato e fuggì all’estero. Furioso, in un messaggio radio dalla Cina, diede il proprio sostegno alla fazione dei khmer rossi. Gli Stati Uniti d’America appoggiarono il nuovo governo di Lon Nol, i comunisti del Vietnam fecero l’opposto fornendo supporto ai khmer rossi.  La guerra, dal Vietnam e dal Laos, arrivò anche in Cambogia. L’esercito cambogiano, il cui acronimo era FANK, venne sconfitto in Baray. Per il resto della guerra questa regione sarà nelle mani dei comunisti. La famiglia di Bophana dovette separarsi. Ly Sitha diventò un monaco novizio per sfuggire all’arruolamento e disse addio alla sua amata. Bophana, nel caos del momento, venne stuprata da un soldato della FANK. Un paio di mesi più tardi scoprirà di essere incinta. La guerra fece di lei una madre sola e una profuga. Si trasferì con le sorelle a Phnom Penh dove sopravvisse vendendo i pochi averi della famiglia al mercato centrale. Nel frattempo si diede da fare per cercare un lavoro fisso, senza però alcuna fortuna. Gaetana Enders, la moglie italiana dell’ambasciatore americano Thomas Enders, fondò una charity per aiutare le vedove di guerra. Bophana senza esitazioni bussò alla porta dell’organizzazione con il figlio appresso. Poco tempo dopo venne assunta, imparò velocemente l’inglese e lavorò come interprete. Un giorno al Wat Lanka riconobbe tra i monaci in preghiera Ly Sitha. Non c’erano speranze per il loro amore e furono costretti a separarsi una seconda volta.
Il 17 aprile 1975 i khmer rossi espugnarono Phnom Penh e ne ordinarono l’immediata evacuazione, tutti dovevano fare ritorno ai propri villaggi d’origine. E Bophana si incamminò verso il Baray, dove venne costretta a duri lavori forzati. Nella Cambogia dei khmer rossi erano vietate comunicazioni con l’esterno, le frontiere vennero chiuse, il denaro e i commerci aboliti, le pagode dismesse, letterati medici insegnanti e monaci erano guardati con sospetto perché rappresentanti del vecchio potere. Nella Kampuchea Democratica la fedeltà ad Angkar, l’organizzazione, era tutto. Il mito dell’autosufficienza del paese veniva propagandato senza sosta e il lavoro aveva un’importanza centrale.
Ly Sitha riapparve nella vita di Bophana un giorno senza preavviso. Non indossava più la kesha dei monaci, ma vestiva l’uniforme nera dei khmer rossi. Adesso si faceva chiamare Deth e lavorava per il Ministro dell’Economia a Phnom Penh. Aveva usato la propria posizione per ritrovare l’amata. L’aveva cercata per tutta la Cambogia. Disse a tutti che Bophana era sua moglie e riuscì ad ottenere per lei mansioni meno faticose e dosi di cibo più abbondanti. Deth dovette fare ritorno a Phnom Penh. I due amanti si scambiarono una fitta, struggente e meravigliosa corrispondenza d’amore. Entrambi erano consapevoli del rischio che correvano: le lettere private erano vietate. Appena possibile Deth faceva ritorno in Baray. A causa di un raccolto misero, le condizioni di vita per i lavoratori si inasprirono ulteriormente. Bophana si accorse di essere incinta, ma per il troppo lavoro e il poco cibo perse il bambino a gravidanza avanzata.
Accidentalmente la corrispondenza tra Deth e Bophana venne scoperta. Deth fu giustiziato. Tra i capi di imputazione a suo carico figuravano l’aver ricevuto illegalmente lettere d’amore, l’aver nascosto la propria istruzione (le missive erano scritte in francese, inglese o khmer) e soprattutto l’aver amato una donna più di Angkar e della rivoluzione.
Bophana venne arrestata, condotta a Phnom Penh e imprigionata nel carcere di massima sicurezza S-21 (per saperne di più) dove giunse il 10 ottobre del 1976. Per cinque mesi fu brutalmente torturata e costretta a “confessare” di essere una spia della C.I.A. Alla fine fu uccisa e gettata in una fossa comune. Aveva 25 anni ed era colpevole di essere una donna forte, indipendente e di aver osato amare.
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La storia di Bophana fu scoperta da un’altra donna coraggiosa, la giornalista statunitense Elizabeth Becker, che la ripercorre in un breve libro monotematico e in When the war was over, un romanzo interamente dedicato alla Cambogia dei khmer rossi.
Da questo romanzo è stato tratto un film, girato in lingua khmer, che viene proiettato due volte al giorno al Museo del genocidio, ex S-21. Il regista, Rithy Panth, ha fondato  anche il Bophana Audiovisual Resource Center che recupera e conserva materiale audiovisivo sulla storia recente della Cambogia.
Duch, il comandante di S-21, è uno dei pochi appartenenti ai khmer rossi ad essere stato portato di fronte a un tribunale nel 2008. E’ stato condannato all’ergastolo.

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A sud dove il mare è più blu: qualche giorno di riposo a Sihanoukville

Dopo un lungo viaggio regalatevi qualche giorno di riposo. Nulla è meglio del mare per ristabilire equilibri persi, ricaricare le batterie e ritrovare un po’ di pace interiore. Almeno per me funziona così. Dopo la fatica della scoperta della Cambogia, mi sono recata a Sihanoukville nel sud del paese, capoluogo della provincia di Preah Sihanouk. E’ tempo di relax.
Sihanoukville fu fondata negli anni ’50 strappando un lembo di terra alla giungla per volere dell’ultimo re della Cambogia, Sihanouk, che intendeva farne il più importante porto a pescaggio profondo del paese e un porto marittimo cruciale per evitare che i traffici internazionali continuassero a passare attraverso il delta del Mekong nel vicino Vietnam. In tutta onestà è una città brutta, turistica, caotica, troppo mondana, in continua espansione. Nuove costruzioni sorgono velocemente per poter dare ospitalità a un numero sempre crescente di turisti. Ma non disperate. Se volete evitare il caos, non recatevi nella zona centrale di Serendipity Beach. Con una corsa in tuk tuk, dirigetevi a sud e raggiungete Otres beach a circa 5 km dal centro città. Qui la spiaggia è bianca, il mare cristallino e l’ombra dolce delle piante di casuarina vi darà ristoro dal caldo. La spiaggia è lunga 4 km, stranamente poco affollata e decisamente piacevole. Se camminate ancora verso sud troverete per certo un angolo isolato dove fermarvi.

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Prendete il sole, riposate, leggete, fate lunghi bagni. Se volete essere più attivi, vi è la possibilità di fare snorkeling o una gita in barca alle isole vicine. A 15 km a est di Sihanoukville sorge il Parco Nazionale di Ream che vi offrirà la possibilità di fare trekking nella foresta o di raggiungere in barca spiagge incontaminate navigando tra le mangrovie. Scegliete agenzie turistiche che promuovono gite ecologiche. Noterete purtroppo come il Parco Nazionale, sebbene sia un’area protetta, sia seriamente minacciato dal turismo.
Al largo delle coste di Sihanoukville si combatté per gli Stati Uniti d’America l’ultima battaglia ufficiale della guerra del Vietnam. Il 12 maggio del 1975, due settimane dopo la caduta di Saigon, la nave container statunitense Mayagüez stava raggiungendo la Thailandia da Hong Kong quando cadde in mano ai khmer rossi. Il presidente americano Gerald Ford bollò l’accaduto come un vero e proprio atto di pirateria. I 39 membri dell’equipaggio vennero segretamente fatti sbarcare a Sihanoukville. Tre giorni più tardi l’esercito statunitense si lanciò nell’attacco della Mayagüez ma la nave era deserta. L’equipaggio era stato imbarcato su un peschereccio thailandese e mandato alla deriva. Della liberazione si seppe quando l’attacco era ormai stato sferrato.

Foto di Emiliano Allocco (link a Flickr)

 

Ai bordi del far West cambogiano: il corridoio ecologico di Koh Kong

La provincia di Koh Kong si trova all’estremità sud-occidentale della Cambogia. E’ scarsamente popolata e ospita siti naturali tra i più belli del paese e, per fortuna, ancora piuttosto incontaminati. Il suo capoluogo, Krong Koh Kong, era un tempo una cittadina di frontiera di loschi affari, dedita al contrabbando, alla prostituzione e al gioco d’azzardo. Il confine con la Thailandia è a pochi chilometri. Il peso di un passato così ingombrante non è del tutto svanito, ma Krong Koh Kong si sta lentamente riscattando e si sta imponendo come meta per escursioni di ecoturismo nei vicini monti Cardamoni. Vi risulterà facile raggiungere Krong Koh Kong da Phnom Penh o da Sihanoukville, ma se come me vi trovate a Battambang non troverete nessun collegamento diretto a causa delle cattive condizioni delle strade. Dovrete per forza fare ritorno a Phnom Penh e poi da lì prendere un secondo bus. Se volete risparmiare tempo, potete fare la tratta Battambang-Phnom Penh con uno sleeping bus.

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Scegliete un’agenzia affidabile, con comprovata esperienza nel settore dell’ecoturismo e fate un’escursione di uno o più giorni nel corridoio ecologico di Koh Kong che si estende su entrambi i lati della NH48 fino al Golfo di Kompong Som e ospita meravigliosi siti naturali tra cui la parte meridionale dei Monti Cardamomi, ricchissimi di un’incredibile biodiversità. I Cardamomi si estendono per oltre 20 mila kmq nel sud-ovest della Cambogia. Le cime più alte raggiungono i 1.800 metri e le sue vallate ospitano una sessantina di specie di animali a rischio estinzione.
Dalle vette al mare, sono interamente ricoperti da quella che per dimensioni è la seconda foresta fluviale più grande del sud est asiatico. Sarà faticoso ma un trekking qui vi lascerà senza fiato. Vi ristorerà un tuffo ai piedi di una fresca cascata.

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Mentre tornate in città fermatevi a visitare qualche villaggio di pescatori sulla costa.

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Merita una gita anche l’isola di Krong Koh Kong, la più grande della Cambogia circondata da un mare cristallino e ricca di spiagge bianche, alcune tristemente inquinate da rifiuti prodotti da un turismo irresponsabile e miope. Ancora una volta fate del vostro meglio per essere pellegrini e non meri turisti.

Foto di Emiliano Allocco (link a Flickr)

Battambang, la città del bastone perduto: cosa vedere in un giorno

I suoi abitanti con fierezza asseriscono che la provincia di Battambang produca il riso più delicato, le noci di cocco più dolci, le arance più succose e i manghi più saporiti. Di certo l’area è una zona molto fertile e la provincia viene spesso soprannominata la ciotola di riso della Cambogia. Confina con la Thailandia e a est si affaccia sul lago Tonlé Sap.
Il capoluogo, l’omonima città di Battambang, è adagiata lungo il fiume Sangker che sgorga dai vicini Monti Cardamomi. Ha il fascino decadente delle ex città coloniali. In Cambogia c’è una storia per tutto e ce ne sono addirittura un paio che narrano la fondazione della città. Il nome di Battambang si crede derivi da bat, “perdere”, e dambang, “bastone”. Secondo una leggenda un antico re khmer lanciò il suo bastone dalla città di Angkor fino a Sangker, nell’area dell’odierna Battambang, dove si sarebbe perso. Secondo un’altra versione, la fondazione della città risalirebbe a un contadino che un giorno, mentre pascolava il suo gregge di vacche, trovò un bastone e si accorse ben presto che aveva poteri magici che usò per spodestare il re e impadronirsi del trono. Il principe ereditario riuscì a fuggire nella giungla e si unì ad un gruppo di monaci. Un indovino predisse al nuovo re che il suo regno sarebbe durato 7 anni, 7 mesi e 7 giorni e che un saggio a dorso di un cavallo bianco, vestito con abiti regali arancioni, lo avrebbe scacciato. Decise di mandare a tutti i saggi del paese un invito per recarsi a corte. Con l’inganno li avrebbe poi fatti uccidere. Anche il principe ereditario si mise in cammino. Lungo la strada incontrò un viandante che gli offrì il proprio destriero bianco e una veste arancione in modo che potesse presentarsi degnamente al sovrano. Appena giunto a corte il re lo riconobbe e scagliò il suo bastone contro il giovane, ma lo mancò e finì lungo le rive del Sangker. Il re si diede alla fuga e il principe riconquistò il governo della città. Quale versione vi piace di più?
Quando entrerete a Battambang vedrete nella rotonda principale una statua che rievoca la fondazione mitica della città.

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Cosa fare a Battambang se avete un solo giorno a disposizione?
Andate sul sito www.ka-tours.org e scaricate gratuitamente l’itinerario delle passeggiate nella zona storica della città. L’organizzazione KA Architecture Tours in collaborazione con le autorità cittadine di Battambang ha creato questi itinerari dedicati sia al periodo francese sia all’architettura degli anni ’60. Questo vi impiegherà mezza giornata all’incirca.
Da non perdere la Residenza del Governatore, un bell’edificio a due piani con persiane in legno. Fu progettato da un italiano per volere dell’ultimo Governatore thailandese di Battambang che abbandonò la città nel 1907.
Affittate poi una bici e recatevi appena fuori città a visitare il Wat Ek Phnom, un bel tempio con pregevoli bassorilievi. Godetevi il paesaggio lungo la via e la vista di risaie, villaggi e vita rurale.
Battambang è la base ideale se siete interessati a vedere il treno di bambù, una struttura in bambù lunga 3 metri e appoggiata su due carrelli. Il veicolo era usato come mezzo di trasporto (poteva portare fino a 3 tonnellate di riso) e raggiungeva una velocità di 15km/h. Era un sistema di trasporto a binario unico. Quando due vagoni si incontravano quello con il carico minore veniva rapidamente smontato e spostato accanto al binario per far passare l’altro. Il treno di bambù è ormai obsoleto ma resiste come attrazione turistica. La struttura originaria è stata eliminata. Un binario di qualche centinaia di metri è stato ricostruito ad uso esclusivo dei turisti. Noi abbiamo scelto di non visitarlo e di recarci invece all’ospedale che costruì Emergency (https://www.emergency.it/) a Battambang e che dal 2012 è passato in gestione alle autorità locali.
La Cambogia è stata duramente segnata dalla guerra. Si stima che nel paese siano ancora disseminate tra i 4 e i 6 milioni di mine antiuomo e che serviranno 200 anni per bonificare le campagne. Tutto è reso più complicato dalle forti piogge e dagli smottamenti del terreno. L’uso delle mine iniziò con gli americani che tentarono in questo modo di interrompere il sentiero di Ho Chi Minh. Una fascia di terra lunga 700 km al confine con la Thailandia è stata minata dall’esercito vietnamita. Dopo il ritiro dei vietnamiti, altre mine ancora vennero disseminate un po’ ovunque dal governo e dai khmer rossi. La guerra continua quindi a mietere ancora vittime innocenti in una nazione ora in pace. Nel paese vivono 40.000 mutilati. Li vedrete nelle campagne e agli angoli delle strade. Ogni mese in media 15 cambogiani perdono la vita o un arto saltando su una mina. Dal 1998 al 2012 Emergency ha edificato e gestito un Centro chirurgico a Battambang intitolato ad Ilaria Alpi, cinque posti di primo soccorso nel distretto di Samlot e due cliniche mobili per prestare assistenza alle vittime delle mine e per la cura di malattie quali la malaria, la tubercolosi e il tifo. Emergency ha curato 383.762 persone (dati al 30 giugno 2011). In un paese rimasto senza medici e infermieri, sterminati perché distanti dal folle ideale rurale della rivoluzione di Pol Pot, Emergency ha giocato un ruolo cruciale in una delle aree più martoriate dalle mine. Da sostenitrice di Emergency è stato un onore poter vedere un’ospedale dell’associazione. Grazie!
Nel 1997 oltre 100 paesi, tra i quali la Cambogia e l’Italia, hanno sottoscritto il Trattato di Ottawa che vieta la produzione, il deposito, la vendita e l’uso delle mine antiuomo. I principali tre paesi produttori di mine, Cina, Russia, Stati Uniti, non hanno siglato l’accordo.

Un viaggio lento, da Siem Reap a Battambang navigando il lago Tonlé Sap

Concedetevi il lusso di un viaggio lento, regalatevi il tempo di vedere e scoprire senza fretta alcuna. Se come me siete diretti a Battambang da Siem Reap, scegliete di viaggiare in barca, navigando il lago Tonlé Sap. Dopo la fatica della scoperta di Angkor rilassatevi in questo modo. Il Tonlé Sap è il lago d’acqua dolce più grande del Sud-est asiatico e da solo rifornisce di acqua e pesce metà popolazione della Cambogia. In prossimità di Phnom Penh è collegato al fiume Mekong per mezzo di un canale lungo un centinaio di chilometri e noto come fiume Tonlé Sap. Durante la stagione delle piogge, il livello del Mekong sale drammaticamente e per mezzo del fiume Tonlé Sap le acque risalgono a monte. In questo periodo la superficie del lago aumenta fino a cinque volte arrivando a coprire un’area di 16 mila kmq, mentre la sua profondità passa da 2 a 10 metri. Si stima che durante il periodo delle piogge il lago Tonlé Sap arrivi ad assorbire all’incirca il 20% delle acque del Mekong. Da ottobre il flusso si inverte e il fiume Tonlé Sap torna a seguire il proprio corso naturale, drenando le acque del lago nel Mekong.
Questo particolare processo dona al lago Tonlé Sap un ecosistema unico e lo rende l’habitat ideale di numerose specie di uccelli, serpenti, tartarughe e pesci d’acqua dolce. Nel 2001 il lago Tonlé Sap è stato dichiarato dall’UNESCO Riserva della Biosfera, ciononostante la costruzione scriteriata di dighe a monte e un’opera di deforestazione massiccia sono minacce concrete.

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Sul lago sorgono 170 villaggi galleggianti che ospitano in totale 90 mila abitanti, molti di etnia vietnamita. Le case sono a tutti gli effetti delle palafitte che durante i mesi di acqua alta sembrano davvero galleggiare. Gli abitanti vivono principalmente di attività quali la pesca, l’allevamento di gamberi e coccodrilli e la costruzione di imbarcazioni. Fermatevi a visitare questi villaggi e pranzate qua. Durante il viaggio verso Battambang vedrete incredibili scorci e paesaggi così belli da donarvi pace.

Foto di Emiliano Allocco (link a Flickr)

Come sopravvivere a Siem Reap

Siem Reap è la base ideale dove fare tappa se si è interessati a visitare il sito di Angkor. E’ una città caotica, turistica, poco poetica, artificiosa e a tratti pacchiana. Il primo impatto non è stato decisamente buono per me, ma la visita ad Angkor vi permetterà di sopportare il turismo a tratti cafone di Siem Reap.
Bando ai pregiudizi, affittate una bicicletta e fate un giro in città. Concedetevi la possibilità di cambiare opinione e di essere smentiti da Siem Reap. Almeno così ho fatto io. Mi sono ricordata del buon Tiziano Terzani e di quanto scriveva in Un indovino mi disse: “Ogni posto è una miniera. Basta lasciarcisi andare. Darsi tempo, stare seduti in una casa da tè a osservare la gente che passa, mettersi in un angolo del mercato, andare a farsi i capelli e poi seguire il bandolo di una matassa che può cominciare con una parola, con un incontro, con l’amico di un amico di una persona che si è appena incontrata e il posto più scialbo, più insignificante della terra diventa uno specchio del mondo, una finestra sulla vita, un teatro d’umanità dinanzi al quale ci si potrebbe fermare senza più il bisogno di andare altrove. La miniera è esattamente là dove si è: basta scavare”.
Quindi con una pala metaforica, una bicicletta a disposizione e una mappa della città mi sono messa a scavare!
Cosa fare a Siem Reap?
Innanzitutto recatevi in Street 60 e procuratevi i biglietti per Angkor. Dovrete arrivare al sito di Angkor esibendo già i biglietti. Banalmente i biglietti per Angkor non si acquistano ad Angkor!
Tornate in centro e fate un giro al Psar Chaa, il mercato vecchio della città. Visitate il Wat Dam Nak che fu la residenza reale durante il regno del sovrano Sisowath. Oggi l’edificio ospita il Centre for Khmer Studies, un’istituzione indipendente che promuove lo studio della cultura khmer. E’ possibile accedere alla biblioteca di ricerca. Vi sarà richiesto di registrarvi all’ingresso. Vale la pena recarsi al Wat Thmei dove è stato eretto uno stupa commemorativo che contiene teschi e ossa delle vittime dei khmer rossiWat Thmei venne trasformato in una prigione dal regime e qui circa 8.000 persone vennero barbaramente uccise.

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La parte più moderna e mondana della città è sicuramente formata dal Night Market, da Pub Street e da King’s Road. Qui troverete locali alla moda, ristoranti internazionali, bar, pub, bancarelle e negozi di souvenir e oggettistica.
E’ sempre difficile orientarsi in una nuova città e consumare in modo responsabile. Vi aiuterà di certo visitare la sede di ConCERT in 306 Street 09 Siem Reap, un’organizzazione che mette in contatto i turisti con progetti filantropici condotti in zona. Sul sito dell’associazione trovate informazioni utili su diverse tematiche, dall’ecoturismo, al volontariato, al comportamento da tenere quando si incontrano bambini per strada che chiedono l’elemosina (http://concertcambodia.org/).
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In Street 60 sorge AHA Fair Trade Village, un mercato di artigianato locale. Qui potrete acquistare souvenir cambogiani prodotti in Cambogia. Sembra banale, ma non lo è. All’AHA Village ho appreso che Siem Reap ospita 5.000 artigiani, ma che l’80% dei souvenir in vendita in città è importato da paesi vicini (principalmente Cina e Vietnam) o fatto su scala industriale. Siem Reap è la terza provincia più povera del paese. Più di 4 milioni di cambogiani vivono con meno di $1,25 al giorno e l’80% della popolazione vive in zone rurali. Ogni anno i turisti spendono all’incirca $100 milioni in souvenir nella sola Siem Reap. AHA si impegna ad aiutare gli artigiani e le comunità locali ad avere la giusta remunerazione. Cercate il simbolo dell’associazione nei negozi che vendono souvenir.
In città ci sono altri esercizi che promuovono un commercio equo e rispettoso, tra questi IKTTMekong QuiltsI, Rajana Smateria. Anche se siamo solo di passaggio, proviamo a lasciare un’impronta positiva. Orientarsi nella giungla del turismo e di un consumismo sfrenato è tutto tranne che facile.
Dedicate all’esplorazione della città mezza giornata e poi recatevi a visitare il sito di Angkor senza rimpianti (Il paradiso in terra, in bici tra i templi di Angkor).

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 Foto di Emiliano Allocco (link a Flickr)