Scoprendo il Piemonte, l’Abbazia di Santa Maria di Staffarda di Revello

A 10 chilometri da Saluzzo e a circa 60 chilometri da Torino, in una zona pianeggiante immersa nella profonda campagna piemontese sorge uno dei grandi monumenti medioevali del Piemonte, l’Abbazia di Santa Maria di Staffarda.
Fu fondata tra il 1122 e il 1138 sul territorio dell’antico Marchesato di Saluzzo, in un luogo paludoso, boschivo, isolato, reso fertile dai monaci cistercensi con estese e complesse opere di bonifica. A seguito di numerose donazioni di terreni all’Abbazia, divenne impossibile per i frati coltivare direttamente tutti i possedimenti. I monaci diedero quindi in affitto molti appezzamenti di terra e, con i denari così accumulati, iniziarono a concedere prestiti come un moderno istituto di credito. L’Abbazia benedettina cistercense raggiunse in pochi decenni una notevole importanza economica quale luogo di raccolta, trasformazione e scambio dei prodotti delle campagne circostanti. L’importanza economica aveva portato all’Abbazia privilegi civili ed ecclesiastici che ne fecero il riferimento della vita politica e sociale del territorio.
Nel 1606, i monaci furono allontanati dall’abate Scaglia di Verrua che chiamò ad occuparsi dell’Abbazia sedici monaci della Congregazione di Foglienzo, di più stretta osservanza delle regole monastiche cistercensi. La decadenza dell’Abbazia divenne definitiva in seguito alla battaglia del 18 agosto 1690 tra le truppe vincenti di re Luigi XIV di Francia e i piemontesi di re Vittorio Amedeo II. I francesi, guidati dal generale Catinat, invasero l’Abbazia distruggendo l’archivio, la biblioteca, parte del chiostro e del refettorio. I francesi furono cacciati solamente dopo il 1706. Tra il 1715 e il 1734, con l’aiuto finanziario di Vittorio Amedeo II, vennero effettuati lavori di restauro che in parte alterarono le originali forme gotiche dell’architettura del luogo.
Con Bolla Pontificia di Papa Benedetto XIV, nel 1750, l’Abbazia ed i suoi patrimoni divennero proprietà dell’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro ed eretti  in Commenda.

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Cosa vedere
Del complesso abbaziale in stile romanico-gotico sono di notevole interesse la Chiesa con il Polittico di Pascale Oddone e il gruppo ligneo cinquecentesco della Crocifissione, il meraviglioso Chiostro con il suo giardino, il Refettorio con tracce di un dipinto raffigurante L’ultima cena, la Sala Capitolare e la Foresteria. Gli altri edifici costituiscono il cosiddetto concentrico di Staffarda, vale a dire il borgo che conserva ancora oggi le strutture architettoniche funzionali all’attività agricola come il mercato coperto sulla piazza antistante l’Abbazia e le cascine.
L’architettura degli edifici fu progettata in funzione della divisione dei monaci in chierici (capitolari) e laici (conversi). I primi dovevano osservare i voti, vivere in contemplazione e obbedire alla regola del silenzio, mentre i lanci svolgevano i lavori agricoli. Ai conversi era fatto divieto di entrare nella casa capitolare, nel chiostro e nelle altre aree riservate ai capitolari.

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Curiosità: la balena, i gatti e i pipistrelli dell’Abbazia di Staffarda
L’Abbazia ama gli animali! È infatti presidiata da una colonia di gatti che qui si aggirano indisturbati. Questo insolito staff di felini custodi vi accompagnerà nella vostra esplorazione del Chiostro e vi osserverà a debita distanza di sicurezza, come  solo i migliori gatti da guardia sanno fare.
Ma i gatti non sono i soli animali ad aver preso residenza tra le mura del complesso monastico. Ogni anno, dai primi di aprile, si radunano dentro il locali dell’Abbazia 1.200 femmine di Vespertilio maggiore e Vespertilio di Blyth, due tra le specie di Chirotteri (pipistrelli) di maggiori dimensioni della fauna europea. Intorno alla metà di giugno ogni femmina gravida partorisce un piccolo. E per qualche mese l’Abbazia diventa una vera e propria nursery. Durante la notte, le madri escono a caccia di insetti e fanno ritorno all’alba in tempo per allattare i piccoli e riposare. Durante l’estate, i cuccioli raggiungono la taglia adulta e imparano a cacciare. Verso la fine di settembre, la colonia si disperde per tornare ancora a primavera.
Passeggiando nelle gallerie porticate che costeggiano il chiostro, noterete un enorme osso ricurvo appeso a una parete verso la Chiesa. Quest’osso misura circa un metro e mezzo di lunghezza e la leggenda narra che appartenesse a una enorme balena mandata da Dio per sfamare i monaci cistercensi durante una grave carestia. Con buone probabilità si tratta di una vertebra di un gigantesco animale preistorico, ma tanto vale!

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Dove: Piazza Roma 2, 12036 Staffarda (CN) – 0175/273215
Quando: dal martedì alla domenica dalle 09.00 alle 12.30 (ultimo ingresso ore 12.00) e dalle 13.30 alle 18.00 (ultimo ingresso ore 17.30). Chiuso il lunedì. 
Sul web: http://www.ordinemauriziano.it/abbazia-di-santa-maria-staffarda

Queste informazioni sono valide nel momento in cui si scrive (giugno 2020). Si rimanda al sito ufficiale per dettagli e orari aggiornati.
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Su al nord, in viaggio verso Jaffna

C’è un treno notturno che parte da Colombo alle 21 di ogni sera e attraversa l’isola di Ceylon da sud a nord. Si viaggia con i finestrini abbassati e l’aria calda dei tropici accarezza i sogni dei pendolari. Il treno arriva di solito a Jaffna, nel profondo nord del paese, tra le 3 e le 5 del mattino. Non vi sarà possibile ottenere un orario di arrivo più preciso dal personale in servizio. Ogni corsa in treno è un viaggio a sé, con ritardi, imprevisti e incidenti di percorso. Questa spiegazione è probabilmente una bella metafora di vita e un prezioso invito alla calma, tuttavia da buona occidentale abituata a correre e a pianificare le giornate nei minimi dettagli non l’ho trovata soddisfacente, almeno non lì sul momento.
Il nostro viaggio verso Jaffna inizia sotto i migliori auspici. Alle 21 di mercoledì 18 dicembre, in perfetto orario, ci lasciamo Colombo alle spalle. I biglietti di prima e seconda classe sono esauriti, così come i letti in cuccetta. Ci accomodiamo in terza classe, solo posti a sedere. Jaffna ci appare come un miraggio, alle 7 di mattina. Dieci ore di viaggio per coprire una distanza di appena 400 chilometri. Eppure questo spostamento lento mi è servito per fare pace con la fretta e con l’ansia di fare, per lasciare andare.
Jaffna è adagiata nella baia di Palk allo sbocco della laguna di Jaffna ed è capoluogo dell’omonimo distretto. E’ un importante porto commerciale e peschereccio.
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Da qui è passata la Storia. La città era conosciuta già nel II secolo a.C. ed era abitata da Tamil, tutt’oggi presenti. Ha vissuto le dominazioni coloniali, prima portoghesi, poi olandesi e infine inglesi. Più recentemente, è stata teatro degli scontri che videro  le Tigri Tamil (LTTE – Liberation Tigers of Tamil Eelam) lottare contro lo SLA (Sri Lanka Army) per l’indipendenza e la costituzione di uno stato indipendente chiamato Eelam (“Terra Preziosa”). La guerra, che ha dilaniato questa regione per tre decenni, si è conclusa appena 10 anni fa, nel 2009.  Jaffna ha subito anche ingenti danni provocati dal maremoto dell’Oceano Indiano nel dicembre 2004. Le coste orientali dell’isola di Ceylon furono le aree che subirono i danni più gravi.
Jaffna oggi è un importante centro di arte, creatività e cultura hindu. La città si sta molto lentamente aprendo al turismo e la vita sta tornando a scorrere con relativa normalità.
Affitate una bicicletta e iniziate a esplorare i dintorni. Il traffico è pressoché inesistente. Mezza giornata vi sarà sufficiente a visitare tutte le attrattive cittadine. Cosa vedere a Jaffna:

  • Le rovine del Forte di Jaffna sorgono vicine alla laguna. L’edificio fu eretto dai portoghesi, espugnato poi dagli olandesi che lo trasformarono in una delle fortificazioni più imponenti di tutta l’Asia, per passare infine sotto il controllo degli inglesi. Durante la guerra per l’indipendenza Tamil, fu teatro di aspre battaglie e assedi. Si può salire sui bastioni e godere di una bella vista sulla città;

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  • La Jaffna Public Library fu uno dei primi edifici pubblici ad essere ricostruito al termine della guerra civile. Gli architetti che si sono occupati del progetto sono rimasti fedeli  al progetto originale dell’edificio, in stile moghul, del 1959. L’edificio precedente era andato distrutto a causa di un incendio, molto probabilmente doloso. Questo episodio risale al 1981 e fu uno degli eventi che portaro all’aquirsi delle tensioni e accellerò l’inizio degli scontri. I tamil interpretarono l’episodio come una vera e propria aggressione culturale. La biblioteca è visitabile tra le 16.30 e le 18;
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  • La bianca Torre dell’Orologio fu eretta nel 1875 per rendere omaggio al principe di Galles in visita alla città. Da notare la bella cupola moresca che richiama le architetture tipiche del nord Africa;
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  • Le chiese di St James (un bell’edificio classico eretto all’inizio del XIX secolo e ora in uso dagli anglicani) e Our Lady of Refuge (un bell’edificio bianco immerso nel verde) meritano una visita;

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  • Il Nallur Kandaswamy Kovil è un enorme tempio hinduista, cinto da mura dipinte a strisce verticali rosse e bianche e dominato da una torreggiante gopuram ricoperta d’oro. E’ uno dei più significativi luoghi di culto induisti dell’isola. Qui si venera Murugan alla cui effige, durante le chiassose puja (preghiere), vengono donate numerose offerte quali fiori, noci di cocco, incenso, cesti di frutta;

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  • Riposatevi all’Old Park, un verdeggiante parco ombreggiato da alberi secolari, eredità del dominio inglese. Qui troverete anche i resti dell’edifico che ospitava l’anagrafe e che andò distrutto durante la guerra;
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  • Lungo Point Pedro Road, a nord est del centro cittadino, sorgono i resti dell’Arco di Cankill Thoppu e il Mantiri Manai. Queste rovine sono tutto ciò che rimane dell’antico regno di Jaffna (ca XIII secolo). L’Arco con molta probabilità era uno degli ingressi che conducevano al palazzo reale. Restano invece dei dubbi sulla destinazione d’uso del Mantiri Manai. Probabilmente l’edificio veniva utilizzato per ospitare i ministri in visita. Il sito, ormai abbandonato e decadente, conserva un grande fascino. Merita una pedalata  fino a qui!

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    Foto di Emiliano Allocco (Visita la pagina Flickr di Emiliano)

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