Wellawaya, l’enigmatico Buddha scolpito nella roccia e le cascate di Diyaluma

A tre quarti d’ora di bus da Ella sorge la piccola cittadina di Wellawaya, una città-crocevia per i trasporti, senza particolari attrattive da offrire ai viaggiatori. Wellawaya è circondata da aride pianure che appartenevano all’antico regno di Ruhunu ed è un’ottima base per visitare il vicino sito di Buduruwagala e le belle cascate di Diyaluma. Fermatevi una notte, non di più.
A circa 5 chilometri dalla città, percorrendo una panoramica strada che costeggia un lago e meravigliosi paesaggi bucolici si raggiungono le sculture rupestri di Buduruwagala. Il nome significa “roccia delle sculture buddiste” e deriva dall’unione delle parole Budu (Buddha), Ruwa (immagini) e Gala (pietra). La storia del sito e delle sue origini rimane avvolta nel mistero, donando al luogo un’aura di suggestione e fascino. Si crede che questa roccia, sapientemente scolpita e nascosta nella giungla, fosse un tempio buddhista della corrente Mahayana, abitato da monaci eremiti oltre mille anni fa.

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All’improvviso tra la fitta vegetazione della giungla vi apparirà un’alta parete rocciosa, sulla quale sono scolpite 7 figure. Il gigantesco Buddha in piedi, al centro, è il più alto dell’isola e raggiunge i 15 metri. Osservandolo con attenzione, si noterà che conserva parte dell’originale stucco bianco che formava la sua veste. Una lunga striscia arancione ci fa supporre che originariamente la statua fosse dipinta a tinte vivaci. Alla destra del Buddha sorge un blocco di tre figure. Quella centrale, di bianco dipinta, si crede raffiguri Avalokitesvara, il bodhisattva della compassione. La figura femminile alla sua sinistra dovrebbe essere la sua consorte Tara. Secondo una leggenda locale, la terza statua rappresenterebbe il principe Sudhana.
Delle tre figure alla sinistra di Buddha, quella centrale indossa una vistosa corona e si pensa sia Maitreya, il Buddha del futuro, successore di Siddhartha, il Buddha Gautama secondo la cui profezia, Maitreya sarà il Buddha della compassione e delle benevolenza, un condottiero di uomini che governerà sul mondo conosciuto e sul cosmo. Sarà l’ultimo Buddha a comparire sulla terra, otterrà l’illuminazione completa, insegnerà il Dharma e i suoi discepoli saranno dieci volte più numerosi di quelli del Buddha Gautama.
Alla sinistra di Maitreya compare Vajrapani che regge tra le mani un vajra, una clessidra simbolo del fulmine. Alcuni dubbi persistono sull’identità della terza figura che potrebbe rappresentare Vishnu Sahampath Brahma. Alcune statue sono ritratte con la mano destra sollevata con due dita ripiegate verso il palmo, quasi a voler richiamare i visitatori. Il sito è ombreggiato, immerso in un silenzio totale e meta di pochi turisti. Potete fermarvi qui a meditare o a godere della pace del luogo.

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Nei dintorni di Wellawaya, meritano una visita le cascate di Diyaluma, le terze per altezza dello Sri Lanka. Con un salto di 171 metri, si tuffano dalla scarpata del Koslanda Plateau e formano un piccolo lago nel quale è possibile bagnarsi. Il sito sorge a 13 chilometri a ovest dalla città.
Sulla Ella-Wellawaya Road incontrerete anche le piccole ma incantevoli cascate conosciute come Ella Wala Falls. Fermatevi qui per un bagno in (quasi) completa solitudine, immersi nella natura e in fresche acque non molto profonde. Per raggiungerle costeggerete un’alta diga sulla quale ci si può arrampicare per godere di una bella vista sul paesaggio circostante.

Foto di Emiliano Allocco (Per vedere altre foto di Emiliano su Flickr, clicca qui)

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Ella, lentamente a giro tra le piantagioni del tè

C’è un treno che parte da Kandy alle 8,47 di mattina e attraversa meravigliosi paesaggi di verde dipinti, piantagioni di tè, terrazzamenti, cascate, suggestivi ponti su alti dirupi, montagne e una natura tropicale ancora selvaggia per arrivare a Ella a pomeriggio inoltrato. Un biglietto di terza classe, senza posti riservati, costa poco meno di 2 dollari. Difficilmente riuscirete a trovare un sedile libero alla partenza, il treno è sempre straordinariamente affollato. La terza classe vi permetterà di evitare i turisti che di solito acquistano biglietti di seconda categoria e di viaggiare alla maniera del posto, lentamente con i finestrini abbassati per sopravvivere alla calura, condivivendo il cibo con i vostri compagni di viaggio, scambiando i giornali da leggere, acquistando bevande o frittelle dai venditori che salgano sui vagoni quando il treno è fermo a una stazione di transito, chiacchierando e intrecciando nuove conoscenze. E’ un viaggio nel viaggio, tra bellezze naturali e panorami umani.
Ella invece è stata per me fonte di delusione. La piccola cittadina è affollata da locali trendy, musica contemporanea, ristoranti fusion. A tutti gli effetti un non-luogo, un posto senza grande personalità né radici, uguale a molti altri già visti in giro. E così, per me, Ella sta a metà tra un grande centro commerciale e un parco divertimenti per turisti rimbecilliti che hanno bisogno di spettacolarizzazione, emozioni forti, divertimento immediato e standardizzato. Un luogo emblema insomma della globalizzazione del turismo.
Ma non tutto è perduto! Ella è un’ottima base per trekking ed escursioni nella natura. Da qui si raggiunge a piedi il vicino Little Adam’s Peak. Dal centro di Ella imboccate la strada per Passara fino a raggiungere l’Ella Flower Garden Resort sulla destra. Prendete il sentiero che passa davanti a due guesthouse, The Chillout e The One e seguite poi le indicazioni che troverete sul sentiero. Parte di questo itinerario si snoda tra meravigliose piantagioni di tè. Partendo da Ella poco dopo l’alba, vi imbatterete in famiglie tamil che si recano al lavoro nelle piantagioni. Il Little Adam’s Peak raggiunge i 1.141 metri di altezza e se ne guadagna la vetta con una facile passeggiata di circa 45 minuti. Il nome di questa cima omaggia il più celebre Adam’s Peak di cui ricorda la sagoma. Scopri di più sull’Adam’s Peak cliccando qui.

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A 6 chilometri da Ella si trovano le Rawana Falls che si raggiungono facilmente a piedi. Se siete stanchi, potrete far ritorno in paese salendo su uno dei tanti bus pubblici che passano proprio davanti alle cascate.
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Un’altra facile escursione, molto ben segnalata, è quella che da Ella conduce al Demodara Nine Arches Bridge, un suggestivo ponte in mattoni alto 30 metri, immerso nella vegetazione rigogliosa, sul quale passa il treno sei volte al giorno. Il ponte si raggiunge in circa 30 minuti a piedi da Ella. Potete dirigervi qui Sulla strada del ritorno dal Little’s Adam Peak.
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Ella è la base perfetta per escursioni nelle vicine piantagioni del tè e per visitare una tea factory, una delle numerose fabbriche dove le foglie del tè vengono lavorate, essiccate e frantumate, pronte per essere esportate come Ceylon Tea (un ottimo tè nero) in tutto il mondo. La Russia, l’Iran, l’Iraq, la Turchia e l’Inghiterra sono i principali mercati di destino.
Il tè fu introdotto nell’isola dagli inglesi nel XIX secolo, quando le piantagioni di caffè del paese furono gravemente danneggiate da un parassita. La prima piantagione di tè fu la Loolecondera Estate, a sud di Kandy, fondata nel 1867. La regione della Hill Country si rivelò particolarmente favore per la coltivazione del tè: il clima era mite, l’altitudine adeguata e il terreno in pendenza. Nel decennio tra il 1870 e il 1880 le spedizioni di tè di Ceylon iniziarono a riempire i magazzini di Londra. Il pubblico sembrava insaziabile e la domanda continuava a crescere. I primi piantatori fecero enormi fortune, tra loro lo scozzese Thomas Lipton, fondatore di una rinomata marca di tè presente ancora oggi sugli scaffali dei supermercati di tutto il mondo.

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Durante la visita guidata a una fabbrica del tè si impareranno molte cose. Si verrà edotti sulla coltivazione delle piante da tè. Si imparerà che gli arbusti vengono piantati su terreni terrazzati a circa un metro di distanza l’uno dall’altro per favorire l’irrigazione e potati regolarmente per incoraggiare la crescita di nuovi germogli. Le foglie vengono raccolte a mano ogni 7/14 giorni, normalmente da donne tamil. Il raccolto medio di una giornata varia tra i 20 e i 30 chili. Le foglie vengono lavorate immediatamente e nell’arco delle 24 ore successive alla raccolta, il tè è pronto per essere spedito. Le foglie vengono prima parzialmente essiccate, poi sbriciolate, fermentate e infine nuovamente essiccate per interrompere il processo di fermentazione. L’arte della produzione del tè consiste appunto nel saper quando interrompere la fermentazione.
Si imparerà inoltre a riconoscere un tè di qualità e si procederà a una degustazione di miscele diverse. Le varietà di tè si classificano in base alle dimensioni (si va dagli economici tè in polvere ai più pregiati tè in foglie con gradi diversi di frammentazione) e alla qualità (pekoe, silver tips, etc). Con il termine pekoe orange pekoe si indica un tè nero di qualità superiore.
L’industria del tè in Sri Lanka dà lavoro a circa un milione di persone, il 5% della popolazione. Gli stipendi sono molto bassi: una raccoglitrice guadagna all’incirca 5 dollari al giorno. Le famiglie tamil vivono di solito ai margini delle piantagioni in baracche dove spesso mancano acqua ed elettricità. I lavoratori sono principalmente tamil dell’India. Gli inglesi, nel XIX secolo, fecero arrivare dalla vicina India numerosi braccianti tamil. I loro discendenti restano purtroppo un gruppo emarginato: braccianti senza terra, spesso discriminati a causa della diversità linguistica e culturale.
Come preparare una buona tazza di tè nero: 

  • Conservare il tè in un contenitore ermetico poiché tende ad assorbire odori e umori;
  • Portare l’acqua fresca a bollore (non usare acqua già bollita in precedenza);
  • Lasciare in tè in infusione tra i 3 e i 5 minuti massimo;
  • Evitate di aggiungere latte o zucchero che riducono il potere antiossidante della bevanda.

Noi abbiamo visitato la Uva Halpewaththa Tea Factory a 5 chilometri da Ella. Al termine della visita, si possono acquistare diverse miscele di tè al negozio interno. È  stata una visita molto interessante, caldamente consigliata.

Foto di Emiliano Allocco (Visita la pagina Flickr di Emiliano per vedere altre foto) 

Filosofia di un viaggio

Non potevo concludere la narrazione del Laos senza un paio di righe di chiosa. E allora ecco un flusso di coscienza senza grandi pretese e senza troppe ambizioni, né di essere esaustivo né tantomeno depositario di una qualche verità.
– Gli aeroporti, i porti, le stazioni dei treni e dei bus hanno un fascino magnetico. Sono luoghi che fanno a meno del tempo. Queste cattedrali del peregrinare muovono quotidianamente persone e merci, senza sosta. Il giorno non tramonta mai e la notte non viene. Qui il tempo è circolare, non c’è un inizio, non c’è una fine. Ognuno si muove a un ritmo proprio, indipendente da chi lo circonda. Fermatevi ad osservare il via vai dei flussi. E’ una lectio di filosofia;
– In viaggio, il tempo non esiste. Non si pranza alle 12, non ci sono meeting settimanali di lavoro, non si va in palestra alla solita ora il giovedì. E’ bello ogni tanto ricordare che la routine è una cattiva abitudine. Al di là delle consuetudini personali e sociali, ci sono albe da ammirare, pranzi all’ora di cena, pedalate a tarda notte e una geometria di esperienze da collocare in ordine sparso e casuale in un tempo che lineare non è;
– Che l’essenzialità diventi il vostro mantra. Uno zaino in spalle è più che sufficiente. Sarete i primi ad uscire dall’aeroporto, vi muoverete leggeri da una tappa alla successiva del vostro tour, non cederete alla tentazione di acquistare chincaglierie o souvenir di dubbia utilità. Lasciate a casa almeno qualcuno dei vostri soliti oggetti personali. Io ho imparato a viaggiare senza trucchi. Una piccolezza, certo, che tuttavia è per me un esercizio di autostima, consapevolezza, riscoperta e libertà. Fate qualcosa che di solito non fate. Portate con voi pochi vestiti, ben scelti. Riscoprirete di quante cose non abbiamo bisogno e quanti fardelli mettiamo ad appesantire il nostro vivere;
– Impegnatevi affinché le vostre vacanze diventino viaggi. Usate il vostro tempo libero dai doveri sociali, famigliari, lavorativi per imparare, crescere, scoprire. Se non sapete resistere allo shopping, che almeno sia il più etico e locale possibile. Diventiamo pellegrini, umili, curiosi, rispettosi dei luoghi, delle persone, delle tradizioni. Che il nostro passaggio in terre lontane sia invisibile. I segni dobbiamo portarli noi nell’animo, non di certo i luoghi che ci hanno ospitati. Buon pellegrinaggio;
– Osservatevi attorno, sempre. Curiosate. Al di là delle apparenze più varie, risiedono i bisogni umani più elementari e comuni. Gli stessi che albergano in noi. L’umanità che unisce le persone è più profonda del folklore locale. Oltre ai condizionamenti, alle abitudini e alle tradizioni, sempre scopriamo persone animate dai nostri impulsi e dal nostro stesso sentire;
– La curiosità è il mantra di ogni viaggiatore, ma non è in contrapposizione con la prudenza. Ciò che è fuori, è anche dentro di noi. Ognuno di noi ospita nel proprio animo vette e abissi e, quotidianamente, compie scelte che lo innalzano o lo fanno sprofondare nel buio più profondo. Il male esiste, fa parte del mondo e di noi. Un’attenta e prudente curiosità, pronta a sorprendersi e ad aprirsi al prossimo, è un requisito fondamentale di chi si mette in cammino;
– Viaggiare non presuppone necessariamente uno spostamento. Il viaggio è un’attitudine, una scoperta continua, una curiosità mai appagata, un’apertura sincera a ciò che è nuovo e diverso. Si impara molto, se si è disposti a farlo, quando si è in luoghi che non ci appartengono. Ma altrettanto si può fare restando fermi. Un libro, un film, uno spettacolo a teatro, la musica, l’arte, le relazioni umane sono finestre sul mondo. Il viaggio non finisce mai. Non tutti i viaggiatori hanno uno zaino sulle spalle. Non tutti i possessori di valigie sono viaggiatori. Ci sono molte strade, tanti percorsi singolari che conducono allo stesso luogo;
– Viviamo tempi bizzarri, incerti, infelici. I social sono parte della quotidianità, ormai a qualunque latitudine. Postate su Instagram e retwittate pure, ma siate rispettosi. Evitate selfie sorridenti di voi davanti a un calice di champagne, ma condividete pure foto delle bellezze che vedete. Portate con voi chi, per motivi vari, non può affrontare un viaggio, siate un mezzo di condivisione e scoperta del mondo. Non ostentate voi stessi. Fatevi strumento, non fine;
– La natura è la cura a tanti mali. La sottovalutiamo, la disprezziamo e ce ne dimentichiamo troppo spesso. Stili di vita più naturali ristabiliscono il nostro equilibrio internoQuante albe avete contemplato nel vostro ultimo anno? Davanti a quanti tramonti vi siete fermati a riflettere di recente? Il viaggio è una riscoperta dell’importanza e della centralità della natura che è madre;
– L’ultimo pensiero va al Laos. E’ un paese bellissimo, incontaminato, verde, lento. Vi piacerà se siete alla ricerca di qualcosa di diverso, di altro, di un’alternativa alla modernità più esasperata. Questo paese minuscolo, selvaggio, ancora ferito da una guerra formalmente terminata oltre 40 anni fa, privo di una rete ferroviaria e industriale, vi ruberà il cuore. Qui, più che mai, è un dovere essere pellegrini. Se amate andare a Dubai per fare acquisti, potreste rimanere delusi. Per il resto, non manca nulla.

Quando il viaggio vale la meta, da Phonsavan a Pakse in bus per scoprire il plateau di Bolaven

Ebbene si, ce l’abbiamo fatta! Dopo 17 lunghe ore di viaggio siamo arrivati a Pakse. Dalla stazione nord di Phonsavan, parte quotidianamente un bus alle 7 di mattina che vi condurrà a Pakse, con arrivo previsto intorno alla mezzanotte. Questo trasferimento, è di per sé un viaggio nel viaggio. Mettetevi comodi, armatevi di pazienza e divertitevi quanto più potete. Alla partenza, vi verrà consegnata dall’autista una busta in plastica con all’interno una bottiglia d’acqua e un paio di dolci per sostenervi nelle lunghe ore che seguiranno. Le strade del Laos sono difficili, dissestate, spesso non asfaltate. Una parte del viaggio si snoda tra stradine di montagna, molto curve. I viaggi in Asia, e in particolare in questo piccolo paese antico ancora senza una rete ferroviaria, funzionano in modo leggermente diverso da come siamo abituati noi europei. Non si viaggia spesso da queste parti e quando lo si fa, si portano con sé molti bagagli, a volte particolarmente ingombranti. Se vi capita di viaggiare accanto a una gabbia di polli ruspanti o a un sacco di riso, non fateci caso. E’ normale. Tutti i bagagli vengono caricati in qualche modo. Non importa quanti siano e quanto spazio occupino. Alcuni saranno legati sul tetto dell’automezzo, altri caricati nelle cappelliere o nelle stive, altri ancora troveranno posto tra le vostre gambe. Solitamente vengono venduti tanti biglietti quanti sono i richiedenti. Se i posti a sedere sono inferiori al numero di passeggeri, l’autista tirerà fuori piccoli sgabellini che verranno posizionati nel corridoio centrale della corriera. Affrettatevi a salire sul bus, se volete accaparrarvi un sedile standard.
Lungo la via verranno effettuate molte soste per permettere ai viaggiatori di andare alla toilet, di mangiare o fumare. Oltre alle tappe prestabilite, il bus si fermerà dove richiesto da chi deve scendere con pacchi ingombranti e, lungo la strada, caricherà chiunque farà segno di voler salire, ovunque esso si trovi. Ma nonostante qualche scomodità oggettiva e la lentezza del tempo che sembra non passare mai, in un viaggio così non potrete che divertirvi. Ci sarà sempre qualcuno che vi offrirà un involtino di riso cotto nelle foglie di vite o una fetta di papaya. Siate pronti a contraccambiare. All’ora della nostra cena, durante la sosta, sono spuntate delle bottiglie di BeerLao e insieme abbiamo brindato all’anno che finiva. Dopo tutte quelle ore passate insieme, si può dire di essere ormai quasi amici!
Una volta a Pakse, riposatevi. Ve lo meritate e poi partite alla volta del vicino Altopiano di BolavenPakse è la capitale della provincia di Champasak e il punto di accesso privilegiato al Laos meridionale. Sorge alla confluenza dei fiumi Mekong Don. Non vanta particolari attrazioni, se si escludono pochi edifici rimasti dall’epoca coloniale.
Il vicino plateau di Bolaven vi ammalierà con la sua bellezza e vi infonderà pace. Questo altopiano si estende a cavallo delle quattro province meridionali del paese ad un’altitudine compresa tra i 1.000 e i 1.300 metri. E’ costellato da una fertile e rigogliosa vegetazione, meravigliose cascate, diversi fiumi, estese piantagioni di caffè e tè, sferzato da un clima fresco e temperato e irrorato da copiose piogge.

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Non mancate di visitare le cascate di Tat Fan, alimentate da due torrenti che emergono all’improvviso dalla foresta e precipitano per più di 120 metri, originando il fiume Huey Bang Lieng. Includete nel vostro tour anche le vicine cascate di Tat Gneuang, scenografiche e immerse nel verde di un lussureggiante parco dove è possibile trascorrere la giornata facendo un pic-nic in compagnia. Questa cascata nasce da due torrenti che corrono paralleli e si gettano con un salto di 40 metri a strapiombo nella selvaggia giungla sottostante.
laven sono il gruppo etnico più numeroso che abita questo altopiano (Bolaven significa infatti ‘casa del laven’), ma questo plateau è abitato anche da altre minoranze quali i mon-khmer, gli alak, katu, tahoy, suay.
I francesi furono i primi a piantare il caffè, gli alberi della gomma e i banani su questo altopiano agli albori del XX secolo. ll piccolo paese di Paksong è considerato la capitale laotiana del caffè. Svetta a 1.300 metri di altezza su un fertile suolo scuro, eredità di un antico vulcano ormai estinto.
Visitate le piantagioni di tè e caffè e non mancate di degustare una tazza fumante di Lao coffee alla fine del vostro tour. Scoprite qualcosa in più su CPC, la Cooperativa di Produttori di Caffè dell’Altopiano di Bolaven costituitasi nel 2007 con l’obiettivo di ottenere un miglior accesso al mercato globale del caffè per i piccoli produttori locali. Per saperne di più: http://www.cpc-laos.org

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Foto di Emiliano Allocco (Link alla pagina Flickr di Emiliano)