Tạm biệt Sài Gòn! Arrivederci Saigon.
Oggi è il giorno in cui ci lasciamo la capitale sudvietnamita alle spalle e proseguiamo il nostro peregrinare verso il Vietnam centrale. Prima di partire ci immergiamo in una lunga esplorazione della città, alla ricerca della vecchia Saigon e alla scoperta del suo volto moderno. Di prima mattina esploriamo il parco 23/9 dove molte persone, per lo più anziani, salutano il nuovo giorno facendo ginnastica insieme a corpo libero o utilizzando gli attrezzi pubblici. Un rito meraviglioso, senza tempo, collettivo che si ripete ogni giorno uguale. Ci rechiamo poi al mercato coperto di Ben Thanh, vivace e in fermento già all’alba. La sua torre dell’orologio, sopra l’entrata principale, è a pieno diritto uno dei simboli della moderna Ho Chi Minh City. Dopo aver ammirato il Museo di Belle Arti in un bel palazzo franco-cinese bianco e giallo, ci perdiamo tra i negozi di antiquariato in D Le Cong Kieu e proseguiamo poi la nostra esplorazione di un antico e vivace mercato alimentare in una via laterale, D Ton That Dam. Qui carni, pesce, frutta, verdura, riso, sementi sono in mostra sulle numerose bancarelle. Una gioia di colori e odori, di volti che si incontrano, di contrattazioni e affari da concludere. Vicino si innalza altissima la moderna Bitexco Financial Tower, un grattacielo di 262 metri progettato da Carlos Zapata. Raggiungiamo l’ampio viale che costeggia il fiume e ci concediamo una passeggiata lenta lungo le sue sponde. Scorgiamo il Majestic Hotel, un sontuoso edificio eretto nel 1925 e passato alla storia per essere stato usato dai giapponesi come caserma durante il secondo conflitto mondiale. Proseguiamo i nostri giri in quella che una volta era nota come rue Catinat, oggi rinominata Dong Khoi. Ammiriamo alcuni hotel storici, tra cui il Continental Hotel rifugio di corrispondenti di guerra accreditati, a partire dal conflitto con la Francia. Non posso fare a meno di pensare a Tiziano Terzani. Accanto sorge il Teatro dell’Opera. Si rincorrono lussuosi negozi dei più importanti brand mondiali di alta moda. Ci sediamo su alcuni gradini per riposare. Un ragazzo belloccio, in un elegantissimo vestito occidentale, ci chiede di alzarci. Ostruiamo l’ingresso a una boutique. Proseguiamo e raggiungiamo il vicino Palazzo del Comitato del Popolo davanti al quale campeggia una statua di Ho Chi Minh, il padre della patria, “il nostro caro zio” come lo ha chiamato il giorno precedente un ragazzo vietnamita con cui abbiamo stretto amicizia.
Raggiungiamo la cattedrale di Notre Dame dedicata alla Vergine Maria ed eretta sul finire del XIX secolo. Adiacente sorge il palazzo della Posta Centrale, imponente edificio in stile classico francese, progettato da Gustave Eiffel. Concludiamo la mattinata salendo al 23esimo piano della Centec Tower per ammirare Saigon, nella sua interezza, dall’alto.
Una città in fermento, caotica, inquinata. La rete metropolitana dovrebbe essere inaugurata nel 2018 e darà sollievo a un traffico congestionato, non più gestibile. Nonostante tutto, una città che trasmette pace. Modernità e tradizione si incontrano ad un paio di strade di distanza. Impossibile non domandarsi cosa sia il progresso e se questa occidentalizzazione, questa crescita continua, questa colata di cemento, questa standardizzazione imperante, questo possedere oggetti sempre nuovi, sempre più numerosi, questo correre senza sosta -inseguendo cosa poi?- sia la risposta.
E’ giusto che qui si sogni il nostro sogno? Che la via principale sia invasa da negozi luxury occidentali? Che dai cartelli pubblicitari facciano capolino divi e celebrità occidentali che promuovono irresistibili tendenze e beni indispensabili che saranno superati tra una stagione? E’ progresso sostituire i mercati d’Asia con moderni supermercati con la luce al neon? Chissà dove si trova l’equilibrio e la chiave per un futuro sostenibile che traghetti l’oggi verso il domani, rispettando la storia di ieri. Senza lasciare indietro nessuno. Sarebbe meraviglioso se questa Asia trovasse la propria strada, senza dover copiare malamente un modello occidentale, in crisi profonda, che ha ampiamente dimostrato di non possedere tutte le risposte.
(Ph Emiliano Allocco)





