Museo dei Residuati Bellici a Saigon

Saigon, calda, caotica, trafficatissima, dinamica. Ci accoglie al mattino presto e ci travolge con la sua energia. Raggiungiamo la zona di Pham Ngu Lao e cerchiamo sistemazione in un albergo. Dopo un veloce pranzo a un chiosco lungo la strada, ci rechiamo al Museo dei Residuati Bellici. Insieme al biglietto di ingresso ci viene consegnato un adesivo raffigurante una colomba, simbolo universale di pace.
Questo museo era conosciuto un tempo come Museo dei Crimini di Guerra Cinesi e Americani. Come pochi altri, racconta le atrocità, la violenza e l’ingiustizia della guerra. In modo diretto, quasi brutale, fa capire – se ancora ce ne fosse bisogno – come il prezzo più alto venga sempre inesorabilmente pagato dai civili. Molte delle fotografie in mostra permanente provengono da archivi americani.
Nel cortile sono esposti aerei da guerra, bombe, artiglieria pesante, carri armati e armi della fanteria americana. L’ala sinistra del cortile è dedicata al ricordo delle prigioni francesi e sudvietnamite sulle isole di Phu Quoc e Con Son: sono in mostra fotografie, testimonianze di sopravvissuti, strumenti di tortura, riproduzioni di celle di prigionia, una ghigliottina e le famigerate “gabbie di tigre”.
Mi siedo un attimo a riprendere fiato, bevo e tutto quello a cui riesco a pensare è racchiudibile nel pensiero Homo homini lupus, così antico e così ancora tremendamente attuale.
Proseguiamo la nostra visita all’interno dell’edificio. Cominciamo dal terzo piano a scendere. Qui in un’ala è allestita la Requiem Exhibition dedicata al ricordo dei reporter e fotografi di entrambi i fronti che persero la vita durante il conflitto nello sforzo di documentarlo. La mostra è curata dal fotografo di guerra Tim Page e sono visibili scatti di Robert Capa e Larry Burrows. Sono in mostra anche armi che ai tempi erano coperte da segreto militare come la flechette, una granata al cui interno erano collocate migliaia di frecce.
Il secondo piano testimonia i danni provocati sull’ambiente e sulle persone dal famigerato agente arancione, dal napalm e dalla diossina, danni riscontrabili ancora nelle seconde e terze generazioni. Ovunque si leggono i numeri della guerra: 3 milioni di persone uccise, 2 milioni di feriti, 300 mila dispersi, tonnellate di bombe sganciate, tonnellate di litri di diossina e napalm versati.
Il piano terra è invece un inno di speranza: qua sono riportati poster e fotografie provenienti da diverse parti del mondo che appoggiavano il movimento contro la guerra. Tra le molte frasi riportate ne leggo una che cattura la mia attenzione: The war is made by the politicians for the “national interest”. War deprives the lives, personal and public property, destroys the cultural and natural facilities. Many civilians have to sacrifice their lives for this “national interest”.
Usciamo. Mentre camminiamo in direzione del Palazzo della Riunificazione sono di pessimo umore. Mi torna in mente Buskashì, il libro di Gino Strada che racconta l’inizio del conflitto in Afghanistan, letto qualche mese fa e la sue lettera conclusiva indirizzata alla figlia Cecilia dove scrive: “Sarò sempre contro la guerra perché non sarei mai capace di vivere pensando a te in mezzo all’orrore”. Gia…
Raggiungiamo il Palazzo della Riunificazione, testimone della caduta di Saigon nel 1975. Qui il 30 aprile 1975, i carro armati comunisti divelsero i cancelli in ferro battuto, occuparono il palazzo e dispiegarono la bandiera vietcong dal suo balcone. Ho l’anima stropicciata. A piedi, a passo lento, ci avviamo verso l’hotel mentre il traffico impazzito della sera ci sfreccia accanto.

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Nel cortile del Museo dei Residuati Bellici, in esposizione artiglieria di guerra
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Il Museo dei Residuati Bellici – Saigon

 

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Il Palazzo della Riunificazione – Saigon
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Seduta davanti al Palazzo della Riunificazione in cerca di notizie
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