Sambor Prei Kuk, alla scoperta del più importante sito pre-angkoriano della Cambogia

Prima di lasciare Kompong Thom e dirigervi verso la vicina Siem Reap tributate una visita a Sambor Prei Kuk, il più importante sito monumentale dell’era pre-angkoriana. Questo complesso sorge a 30 chilometri circa a nord di Kompong Thom e conta più di 100 edifici, 10 dei quali a pianta ottagonale, circondati e in alcuni casi inglobati da una rigogliosa foresta sub-tropicale. I templi sono costruiti principalmente in mattoni con elementi decorativi in arenaria.

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Raggiungete il sito a bordo di un tuk tuk, ammirate la bellezza della campagna cambogiana e assaporate la lentezza del viaggio.

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Noto con il nome di Ishanapura, questo insediamento fu la capitale dell’impero Chenla all’inizio del VII secolo d.C. e rimase un importantissimo centro culturale anche durante l’epoca di Angkor. Cadde in stato di abbandono a partire dal XV secolo per essere riscoperto a inizio Novecento da studiosi occidentali. In un area di  circa un chilometro per lato, sorgono tre complessi templari principali con caratteristiche simili che furono probabilmente fonte di ispirazione per la costruzione di Angkor cinque secoli più tardi. Ciascun complesso di templi è protetto da una doppia cinta muraria, consta di una torre centrale circondata da laghi, porte e templi.

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Negli anni ’70 il sito fu bombardato dall’aviazione americana che sosteneva il governo di Lon Nol contro il regime dei khmer rossi. Alcuni crateri sono ancora visibili oggi. L’area è stata bonificata dalle ultime mine solo nel 2008. Per godere al meglio della visita a questo sito ingaggiate una guida locale, sosterrete l’economia del luogo e farete piacevoli incontri. Noi abbiamo avuto la fortuna di ingaggiare una guida donna, una ragazza madre con una coraggiosa storia di riscatto sociale alle spalle.
Concedetevi una lenta passeggiata all’ombra della foresta, lungo i suoi sentieri sabbiosi. Respirerete un’atmosfera serena e decisamente rilassata. Forse le cose cambieranno presto: Sambor Prei Kuk è stato iscritto dall’Unesco nella lista dei siti patrimonio dell’umanità nel luglio del 2017. Probabilmente molti turisti giungeranno a visitare il sito e  un po’ di magia sparirà. Ecco una cartina del luogo che vi agevolerà nella visita. La mappa è tratta dal sito https://moon.com/
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Foto di Emiliano Allocco 
(link a Flickr)

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809 gradini per il paradiso: salire a piedi a Phnom Santuk

Ci siamo lasciati Kratié alle spalle e, lungo la strada che conduce a Siem Reap, abbiamo deciso di fare tappa per una notte appena a Kompong Thom. Da qui con un tuk tuk abbiamo raggiunto Phnom Santuk, la montagna sacra (207 metri) più importante della regione e meta di pellegrinaggi buddhisti. Riempitevi gli occhi con i bucolici paesaggi che incontrerete lungo la via.
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I pendii di Phnom Santuk sono ricoperti di rigogliosa foresta e costellati di pagode e raffigurazioni del Buddha. Acquistate una bottiglia d’acqua (grande!), prendete fiato, toglietevi le scarpe e, come un pellegrino, salite in cima a questo promontorio: percorrete lentamente gli 809 gradini della scalinata che vi porterà ad espugnare la vetta del monte sacro. Sarà un’ascesa faticosa, ma guadagnare la cima vi ripagherà. L’ultimo tratto lo percorrerete in compagnia di un gran numero di scimmie incuriosite dalla vostra presenza. Prestate attenzione ai vostri averi.

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I più pigri possono salire a Phnom Santuk da una strada asfaltata alternativa, lunga 2,5 km. Per un paio di dollari, potete farvi portare su da qualche motociclista volenteroso. In cima dedicatevi alla visita delle numerose pagode. Sul lato meridionale, andate alla ricerca dei Buddha distesi: alcuni sono stati scavati nella roccia nei secoli passati, altri sono versioni più moderne in cemento.
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Dai massi in cima al promontorio si gode di una bella vista sulla valle. Aspettate qua il tramonto e ammirate le risaie tingersi di rosso. La scalinata non è illuminata. Se decidete di trattenervi a Phnom Santuk fino a sera, accertatevi di avere con voi una torcia elettrica.
Sulla sommità vi è un wat in attività i cui monaci accolgono con calore e simpatia i turisti. Fermatevi qui a chiacchierare, a filosofeggiare e a disquisire del senso della vita. Sono stata fortunata perché ho incontrato un gruppo di giovani monaci alcuni dei quali parlavano un ottimo inglese. Abbiamo discusso a lungo di Buddha, del mondo illusorio, dell’importanza di avere una mente allenata per saper resistere alle tentazioni del mondo, della speranza, del ruolo che pensieri e desideri giocano nella nostra vita, di felicità interiore e compassione, di come il mondo cambia quando cambiamo noi. Una bella discussione interattiva difficile da riassumere qui in poche righe.

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“Perché le persone si allontanano?” mi domanda un monaco mentre mi alzo. Tentenno, riprende lui la parola: “Perché abbiamo la presunzione di conoscere gli altri, mentre quello che conosciamo è solo il loro ricordo, l’idea che noi abbiamo di loro. Se ci incontrassimo di nuovo domani, tu saresti un’altra persona. Le persone cambiano, evolvono. Sono il continuo risultato di pensieri ed esperienze. Per stare insieme a lungo, bisogna avere l’umiltà di ammettere di non conoscersi e continuare a prestare attenzione alla persona che il nostro compagno di vita diventa giorno dopo giorno. Siete marito e moglie, vero?” Annuisco senza parlare. Riprendiamo gli zaini, salutiamo e ci avviamo alla scalinata. E’ ormai notte e la discesa è piuttosto rocambolesca. Ricordatevi la torcia!

Foto di Emiliano Allocco